Loving People Through Food
Nov 192014
 

Qualche settimana fa è iniziata la mia avventura per Vetrina Toscana, un progetto della Regione Toscana a cui sono stata invitata a partecipare e che mi ha fatto riscoprire ancora una volta il mio territorio.

Sarà un post lungo questo, ma anche ricco di foto e di storia, attraverso cui cercherò di raccontarvi il legame tra il prodotto assegnatomi  (L’ Agnello del Centro Italia) e la mia terra.

Per prima cosa, l’ agnello, ovviamente!

“E’ l’agnello nato e allevato nel territorio dell’Italia centrale (in Abruzzo, sulle colline e montagne dell’Emilia Romagna, nel Lazio, Marche, Toscana e Umbria), ottenuto da una popolazione di ovini storicamente presente in questo areale, ad attitudine indifferenziata, detta genericamente “appenninica” e dalla quale si sono ottenute le attuali razze locali che danno origine ad un agnello da carne di ottima qualità. L’Agnello del Centro Italia si nutre esclusivamente di latte materno e di foraggi (freschi e/o essiccati), con piccole integrazioni di granaglie, quando necessario. Esso è molto apprezzato dal commercio e dagli allevatori in quando caratterizzato da: – elevata resa in carcassa; – rapido incremento ponderale. In commercio sono reperibili due tipologie di carcassa: “agnello leggero” (peso compreso tra gli 8 e i 13 kg) e “agnello pesante” (peso superiore ai 13 kg) – al netto di testa e corata. Generalmente il colore della carne è rosa chiaro o rosa e presenta una equilibrata copertura di grasso e la tipologia pesante di una conformazione compresa tra l’ottimo e abbasatanza buona. Il colore è molto importante per il fatto che il consumatore tiene conto di questo parametro per valutare “ad occhio” la tenerezza e la freschezza del prodotto. Il colore dipende dal tipo di muscolo, dall’età, dall’alimentazione assunta dall’animale. “

Qui e qui potete vedere qualche video interessante che riguarda il prodotto impiegato nella realizzazione della ricetta.

Qui invece potete leggere qualche informazione in più sull’ agnello del centro Italia.

Non c’ è modo migliore di fare la conoscenza di un luogo e di un popolo se non attraverso la sua tradizione culinaria, così vi riporto qui una piccola citazione :

“Semplicità e genuinità: questi gli elementi che contraddistinguono la cucina maremmana, ma non per questo priva di profumi e sapori, anzi l’ uso delle erbe profumate è uno dei principali segreti della cucina originaria: basilico, salvia, timo e pepolino, nepitella o erba da funghi..

E’ una cucina dai molteplici aspetti che non finiamo ma di scoprire, un po’ come il suo paesaggio così vario. Infatti la maremma è stata luogo di confluenza di genti e culture diverse che hanno influenzato la cucina rimasta dunque autoctona fino alla dominazione romana, manetendo la sua specificità.

E’ una cucina “ad occhio” perché il ricettario è la natura: 50 anni fa si seguivano le stagioni, si raccoglieva quello che cresceva nell’ orto e si cucinava per la gioia di cucinare, con amore e senza fretta.

Si basa su cibi semplici e frugalifatti con legumi, erbe, cipolle,m qualche fetta di pane, olio, ma anche di pesce e di carne, prime fra tutte, quella di cinghiale.

E poiché i piatti erano già saporiti, si usava pane non salato per non esagerare e rovinarne iul gusto.

E’ il ricordo di una vita strappata all’ incolto, la “Maremma amara” dei canti popolari, testimonianza della vita di pastori, carbonai, pescatori, contadini, cacciatori, mandriani e briganti.

Fu proprio così: dopo lo splendore della dominazione etrusca, fino al 1700 la Maremma grossetana fu flagellata dalla malaria, dalle ripetute alluvioni provocate dall’ Ombrone e dalla peste.

Era terra per gente mobile: gli Aldobrandeschi, suoi signori dal 973 si muovevano secondo le stagioni; tra il 1243 e il 1246, l’ Imperatore Federico II di Svevia soggiornò a Grosseto per il suo clima e per praticare la caccia; dal 1335 ebbe inizio, sotto la dominazione di Siena, l’ esodostagionale della popolazione verso le zone collinari e montuose per sfuggire alla malaria, l’ estatatura.

Per non parlare poi delle invasioni, assalti e saccheggi ad opera dei barbari (V sec.), pirati, imperatori e capitani di ventura che la devastarono fra il XIV e XV secolo.

Fu ritenuta dai Medici un possedimento da sfruttare e in cui “ospitare” delinquenti e ribelli (1593) e solo con la Reggenza Lorenese (1735) venne adottato un piano sistematico per risollevare l’ economia locale come nel 1738 con la concessione della libertà di esportazione del grano; nel 1758 con la costruzione delle saline delle Marze; e nel 1765 con l’ erogazione dei prestiti a tasso agevolato ai faccendieri.

L’ intervento più importante fu la bonifica idraulica eseguita fra il 1765 e il 1780, ripresa poi dal 1814 al 1824.

Ma fu il granduca Leopoldo II (1824-1859) di Lorena sostenuto dal ministro Vittorio Fossombroni e dall’ ingegnere Alessandro manetti, con l’ impiego di migliaia di lavoratori, a realizare la più grande bonifica con il recupero di 10.000 ettari di terreno paludoso, nel solo comprensorio castiglionese; fece costruire innumerevoli strade, acquedotti e fece impiantare pinete lungo i tomboli costieri e filari di pioppi ed eucalipti lungo i canali e gli stradoni di bonifica.

Nelle sue tenute della Badiola e d’ Alberese, cercherà di svecchiare l’ agricoltura con l’ installazione di olivi, viti, e gelsi, l’ allevamento di razze selezionate del bestiame e la meccanizzazione delle operazioni agricole.

Da allora il termine Maremma, dal latino Maritima, associano la pianura cosstiera adatta alle colture cerealicole; la fascia collinare del bosco mediterraneo, con olivi e viti; ed infine la montagna dai legni pregiati: ciliegi, noci, castagni, abeti, faggi.

Da questa terra si ricavano ingredienti semplici e prodotti locali alla base di piatti tipici di una cucina dalle origini povere e contadine.

Abbiamo così la zuppa di pane, il cipollato, la pasta e fagioli, la pasta e ceci, i crostini di cavolo, la zuppa di funghi, la scottiglia e il buglione.

Sono prodotti “tipici” e “tradizionali” perché collegati al tessuto economico-produttivo ed al contesto socio-culturale locale e che quindi contribuiscono all’ immagine del territorio in quanto espressione della storia, cultura e delle tradizioni dello stesso.”

La cucina tosacana è legata a tradizioni che si perdono nel passato remoto, il buglione è un piatto povero che affonda le proprie radici nell’ epoca medievale quando i padroni di tanto in tanto elargivano con generosità pezzi di carne che venivano messi a cuocere tutti insieme in un gran pentolone assieme a qualche erba aromatica ed un pizzico di sale.

Il termine “buglione” infatti, sta ad indicare questa grande e poco determinata varietà di pezzi di carne, per questo preparare il buglione con un solo tipo di carne può essere considerata una variazione dei giorni nostri sul tema originale.

Seppur di origini antiche la cucina toscana risulta essere estremamente versatile ed adattabile ai “gusti moderni”, ai palati che si son fatti più raffinati col passare del tempo.

La cucina toscana è una cucina semplice e varia, fatta di ricette che raccontano le diverse caratteristiche geografiche, sociale ed economiche del paese, così diverse tra loro che basta attraversare un fiume, un bosco, semplicemente affacciarsi al paese vicino per scoprire tradizioni e ricchezze culturali e gastronomiche nuove.

In una regione tanto varia e mutevole (anche nel paesaggio, ed è anche per questo che io adoro attraversare la Toscana in macchina), che siano ricette ricche o ricette povere, la cucina toscana è una cucina saporita, schietta, sincera, una di quelle cucine che danno conforto e certezze, sostanziosa e priva di vezzi seppur gentile e al contempo robusta.

Il segreto di una cucina dove la fanno da padrona le cotture semplici, i gusti decisi ed appetitosi, sta nella bontà della materia prima, nell’ eccellenza dei prodotti utilizzati, di prima qualità, ed è così che ogni piatto sancisce il legame stretto ed indissolubile tra natura e cibo.

La mia scelta non poteva dunque che ricadere su un piatto tradizionale della maremma come il buglione di agnello.

Ho utilizzato la spalla tagliata in piccoli pezzi a mo’ di spezzatino, la carne nel piatto finito era morbida, delicata e saporita!

Il sugo non deve rapprendersi poichè a cottura ultimata si usa mettere delle fette di pane tostato sul fondo del piatto e poi il buglione versato sopra.

La bontà di quel sugo saporito raccolto dal pane e la carne d’ agnello è qualcosa di incommensurabile.

Prodotto fornito da Vetrina Toscana: ristoranti, botteghe ed eventi enogastronomici in Toscana – e nello specifico dal Presidente del Consorzio IGP Agnello del Centro Italia, Virgilio Manini.

BUGLIONE D' AGNELLO
5.0 from 1 reviews
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Tipo Ricetta: Carne, Cucina Toscana
Autore:
Ingredienti
  • spalla d' agnello a pezzetti 1 kg
  • cipolla bianca 1
  • pomodori pelati 400 g
  • concentrato di pomodoro 1 cucchiaino
  • aglio 4 spicchi
  • rigatino 100 g
  • vino rosso
  • peperoncino 1
  • rosmarino 2 rametti
  • salvia 4-5 foglie grandi
  • carota 1
  • sedano 1 costa
  • aceto 1\2 bicchiere
  • olio
  • pane toscano a fette
Istruzioni
  1. Trita finemente la cipolla, il sedano e la carota.
  2. Sbuccia gli spicchi d' aglio e schiacciali con il palmo della mano.
  3. Riunisci la carne a pezzi in un contenitore e condiscila con il trito di cipolla, sedano e carota, gli spicchi d' aglio, il rosmarino, la salvia, l' aceto ed un paio di bicchieri di vino rosso.
  4. fai riposare la carne in frigo per tutta la notte oppure per qualche ora se non hai a disposizione tutto il tempo necessario.
  5. Al mattino, scola la carne dal resto degli ingredienti.
  6. A questo punto si può operare come per la carne di cinghiale, ovvero facendo asciugare la carne in un tegame senza consimento, gettando via l' acqua ogni volta che ne tira fuori fino a quando la carne avrà perso tutti i liquidi; oppure si può passare direttamente al momento successivo, ovvero alla cottura dello spezzatino.
  7. In un tegame con un poco d' olio fai rosolare il rigatino tagliato a pezzetti piccini, il peperoncino ed il battuto di cipolla, sedano e carota.
  8. Unisci la carne d' agnello e falla rosolare bene da ogni lato.
  9. Irrora la carne con un bicchiere di vino rosso e quando è sfumato unisci il pomodoro passato ed il concentrato.
  10. Aggiusta di sale.
  11. Lascia cuocere il buglione a fuoco lento e fai in modo che il sugo non si ritiri troppo altrimenti non avrai di che bagnare le fette di pane.
  12. Taglia a fette il pane e fallo abbrustolire su una piastra.
  13. Strofina un lato della fetta di pane con un poco d' aglio e disponi un paio di mezze fette sul fondo di ogni piatto.
  14. Versa il buglione con il suo sugo nei piatti e servi.

'Vetrina

La signorina Pici e Castagne

  9 Responses to “ The Perfect Bite : : BUGLIONE D’ AGNELLO”

  1.  

    Tutte le volte che vedo i paesaggi toscani mi rilasso… sì, mi fanno questo effetto, osservo le colline e mi immagino di stare stesa all’ombra di un grande albero a vedere le nuvole passare sopra la mia testa, prima di andare a camminare in uno dei tanti paesini deliziosi… e se ci sono un mercatino e una pausa cibo in osteria, meglio ancora! 😉 Ma questo piatto, mai mangiato, devi farmelo assaggiare tu! 😉

  2.  

    Bell’articolo e belle immagini. Ho fatto alcuni pin, spero non ti dispiaccia.
    Ciao
    Marina

  3.  

    Che bellissimo post, sia per racconto che per immagini. Vivi in una regione stupenda ed è bello valorizzare, per ogni regione, prodotti, tipicitá e storia! Complimenti

  4.  

    E’ proprio il caso di dire “Maremma che ricetta!”.
    Bellissimo post di approfondimento, davvero molto interessante.

    Fabio

  5.  

    Anche da Toscana, è stato interessatissimo leggere della Maremma e scoprire questa ricetta di agnello che non conoscevo: di solito noi lo facciamo fritto, arrosto o in umido, ma questa la passo a mamma per le prossime volte!
    Questo progetto di Vetrina Toscana è stato veramente entusiasmante!

  6.  

    Che bello tornare a “casa” anche solo attraverso il tuo racconto e le tue foto. Bellissimi!
    Mio nonno diceva che la Toscana ha tutto e voleva fondare il Granducato della Toscana e staccarsi dal resto d’Italia!!!
    Ciao Isabel

  7.  

    I was in Volterra a month ago. Lovely stew.

  8.  

    Aspettavo il tuo post e non sapevo a quale territorio saresti stata abbinata. La maremma è straordinaria come ogni altro territorio minore della nostra Regione. Come si fa ad essere sintetici con così tanto patrimonio?
    Bravissima come sempre. Mi è piaciuto tanto leggerti (la ricetta poi è straordinaria).
    Un abbraccio, Pat

  9.  

    Era da qualche tempo che non venivo qui (mica poi tanto…), non per volontà ma piuttosto cause di forza maggiore. Sono arrivata, mi sono soffermata sulla ricetta all’arancia strizzando l’occhio alle noccioline… ma poi mi sono ricordata di una foto, mi sono ricordata di “un buglione” e nonostante io non mangi quasi l’agnello mi trovo a scrivere per dirti quanto bene mi abbia fatto leggere il tuo post stasera, quanto bene mi ha fatto vedere quelle foto (bellissime!). Quando mi chiedono da dove vengo, rispondo sempre con grande orgoglio che sono Toscana. La prossima volta lo sarò ancora di più. Grazie Serena, sul serio.

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